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1400 to 1900

Arsié sotto Napoleone

Napoleone Bonaparte attaccò i Savoia e gli austriaci nel 1796. All’inizio di settembre le sue truppe risalirono fino a Trento, scesero lungo la Valsugana e attaccarono la retroguardia austriaca al Covolo e a Primolano, prima di sconfiggere gli austriaci a Bassano. L’anno seguente le due forze si scontrarono di nuovo, e il feltrino ricadde nelle mani degli austriaci prima e dei francesi poi. In seguito agli accordi che sottoscrissero le due superpotenze, Lombardia e Belgio furono annessi alla Francia, mentre il Veneto venne ceduto all’Austria, e questo fu anche il destino di Arsié, con la Repubblica di Venezia che scomparse per sempre. Il passaggio di mano continuò fino al 1805 con l’annessione del Veneto alla Repubblica Italiana e poi al Regno d’Italia, ma la Valbelluna e la la Valsugana furono di nuovo occupate dagli austriaci nel 1812, un anno prima della sconfitta di Napoleone a Lipsia

Il dominio austriaco

L’Austria pensò bene di alzare spropositatamente le tasse, ma la decentralizzazione dei poteri consentì agli abitanti di poter risolvere qualsiasi questione a Belluno, ed inoltre in questo periodo vi fu un grande sviluppo della popolazione che costruì i nuclei abitati sulle pendici del Grappa (Corlo, Todesc, Boldi, Carazzagno). Benché qualcuno preferisse la dura vita nei boschi della Jugoslavia per racimolare qualche soldo da portare a casa a fine stagione, la terra sfamava tutti, e qualcuno riuscì anche a metter da parte pochi denari con la vendita del vino o l’allevamento del baco da seta. Ciononostante, le catastrofi naturali tornavano periodicamente con epidemie di colera (1836) e l’ennesima distruzione del ponte sul Cismon, che nel 1845 crollò proprio durante il passaggio di un reggimento austriaco uccidendo 18 soldati, 2 ufficiali e un medico

Le guerre d'Indipendenza e il Regno d'Italia

Nel marzo del 1848 le truppe austriache furono costrette a ritirarsi nel “quadrilatero” da parte degli indipendentisti italiani appoggiati dai Savoia e, inizialmente, dal Papa. Nacquero reparti di volontari per l’indipendenza un po’ ovunque, e quelli di Arsié si accamparono presso l’ormai dismesso Castello della Scala. Gli austriaci però inviarono rinforzi che giunsero dal Friuli e passarono da Feltre, ma allora dovevano scegliere se scendere lungo la valle del Piave o quella del Brenta. Strategicamente, inviarono una sola compagnia verso Primolano, che fu sufficiente a far pensare che gli austriaci sarebbero scesi lungo la valle del Brenta. Gli insorti locali non riuscirono a far saltare il ponte sul Cismon, e così gli austriaci giunsero fino a Fastro, dove però furono costretti alla ritirata. Le forze indipendentiste nel frattempo si erano spostate dal trevigiano al vicentino per prevenire la temuta discesa dalla Valsugana, e così fu facile per gli austriaci sfondare a Cornuda e aiutare i soldati nel quadrilatero. Il mese seguente, gli austriaci tornarono a Fastro per attaccare gli ultimi insorti rintanati alla Scala e riprendere in pugno la Valsugana; durante quella settimana, gli abitati di Fastro, Corlo ed Incino furono saccheggiati e dati alle fiamme (Arsié se la cavò con il solo saccheggio). La seconda guerra d’Indipendenza, invece, non riguardò i nostri territori che vennero annessi al Regno d’Italia solo nel 1866 in seguito alla terza guerra e alla risalita dei comandanti del regio esercito lungo la Valsugana fino a Primolano (il Trentino rimase sotto la dominazione austriaca fino alla fine della Grande Guerra). Già nei primi anni dopo l’annessione, fu evidente che i nostri territori necessitassero di grossi investimenti pubblici, e così l’emigrazione fu ben pubblicizzata narrando la Terra Promessa oltreoceano, tanto che nel 1876 tutti i componenti di 11 famiglie di Fastro lasciarono il paesello per andare a cercar fortuna in Brasile

Verso la Grande Guerra

Negli anni 1875/1879 la Commissione Militare per la difesa delle Alpi propose allo Stato Maggiore di costruire una catena di fortificazioni per controbilanciare l’andamento sfavorevole del confine con l’Austria che s’incuneava nelle zone italiane. I forti vennero realizzati a partire dal 1880 servendosi delle pietre delle cave locali e della calce prodotta nella fornace che fu costruita tra Arsié e Fastro e tutt'oggi esistente, benché dismessa. Ma nel 1884, ben prima dei forti, giunsero le strade, gli acquedotti e l’alloggio del comando militare. La ferrovia fino a Primolano fu costruita con l’ausilio di sole operaie donne, mentre alle fortificazioni lavorarono gli uomini che le ultimarono dal 1908 al 1913 avvalendosi anche di teleferiche per il trasporto del materiale fino a Cima Campo
(Tratto da Fastro e la sua storia, di Dario Dall'Agnol)
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